IL CORAGGIO DELLA SPERANZA
GIUSEPPE MAGGI MEDICO TRA SVIZZERA E AFRICA
«Ho saputo l’altro ieri che il Nobel è andato in buone mani e ne sono contentissimo: adesso mi si lascerà finalmente in pace. Qui ci sono vari ammalati e in genere gravi. Il villaggio è quasi deserto: tutti sono alla pesca e nei campi di riso. Io sto mettendo in ordine l’ospedale, i muri di cinta e l’orto. Voglio provare a seminare pomodori ogni tre settimane (anche le papaie) per cercare di averne in ogni stagione. Non so se si riuscirà. Il secco è arrivato da quindici giorni e il fiume va giù in fretta. Per me non darti alcun pensiero: sono ancora ringiovanito. Ciao, ti abbraccio, Peppi».
In queste poche righe scritte di getto da Giuseppe Maggi ai familiari nell’autunno 1979 – riprese nel risvolto di copertina del libro a lui dedicato dall’Opera Umanitaria che porta il suo nome – emerge prepotente una figura poliedrica, certamente severa e dai tratti a volte austeri, che avrebbe segnato in modo indelebile la memoria collettiva di quanti lo conobbero e affiancarono nella sua esperienza di medico in Africa, nonché dei tanti amici e conoscenti che dalla Svizzera generosamente raccolsero negli anni la sua chiamata. D’altronde non poteva essere diversamente per un uomo che, scegliendo una vita assolutamente inusuale per l’epoca, sarebbe riuscito a costruire solidi rapporti umani tra quei dispersi villaggi di un Camerun allora segnato da movimenti indipendentisti, falliti colpi di Stato e ribellioni soprattutto nelle disperse comunità a cavallo tra Nigeria e Ciad. Maggi era animato da profondi ideali cristiani e umanitari ai quali si è ispirato lungo tutto l’arco della sua esistenza.
Gli studi a Losanna e Parigi, la pratica nella Svizzera francese e poi a Lugano, non soddisfacevano evidentemente quella tensione umanitaria, che il giovane medico della Valle di Muggio, avrebbe compiutamente espresso raccogliendo a fine anni ‘40 l’invito per un’esperienza professionale in Africa equatoriale. Così, quasi sotto traccia, iniziò un’avventura ricca di incognite, una scommessa umanitaria che, pur tra difficoltà e mille pericoli, lo portò a risalire il Camerun da sud a Nord allestendo dispensari e ben sei ospedali per popolazioni escluse da minime e dignitose cure sanitarie. L’ultima delle strutture create da Maggi è l’Ospedale di Mada (1974) nell’estremo Nord del Camerun al crocevia di confine fra lo stesso Camerun, la Nigeria e il Ciad. Gestito dall’Opera Umanitaria Dr. Maggi è oggi al centro di un area di grande instabilità e pericolo per le sanguinose incursioni dei gruppi terroristici nigeriani di Boko Haram.
L’agile volume realizzato dal ricercatore storico Francesco Scomazzon racconta le vicende umane e professionali del grande medico cattolico di Caneggio (fu candidato al Nobel) anche alla luce di documenti inediti; analizza le costanti e dialettiche relazioni da lui avute con i tanti generosi ticinesi che l’hanno sostenuto fin dai primi anni sessanta; narra la costruzione, tra inimmaginabili difficoltà, dei sei ospedali camerunesi e infine documenta come L’Opera Umanitaria ne abbia raccolto, perpetuato e consolidato l’eredità.